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paleomagnetismo

Le ricerche di paleomagnetismo nascono dallo studio della magnetizzazione rimanente di rocce e sedimenti e forniscono informazioni sulle variazioni del campo magnetico terrestre alla scala del tempo geologico, cui si accompagnano una varietà di applicazioni in campo geodinamico, stratigrafico, vulcanologico e ambientale. I dati si ottengono tramite specifiche analisi e misure di campioni di roccia affioranti lungo esposizioni stratigrafiche, o prelevati in carote di sedimenti marini e lacustri.

Il paleomagnetismo si occupa dello studio della magnetizzazione naturale rimanente delle rocce (NRM), vale a dire della magnetizzazione che si misura quando su di essa non agisce nessun campo magnetico esterno. La NRM di una roccia è generalmente la risultante vettoriale di più componenti acquisite in tempi diversi della sua storia geologica: quella acquisita al momento della sua formazione è detta magnetizzazione "primaria" e dipende dall’azione del campo magnetico terrestre nel corso della litogenesi: le rocce ignee, che derivano dalla consolidazione di un magma, acquisiscono una magnetizzazione stabile durante il processo di raffreddamento, nelle rocce sedimentarie i granuli detritici, acquisiscono una magnetizzazione durante la deposizione e compattazione del sedimento. Nel corso dei tempi geologici altre magnetizzazioni "secondarie" possono essere acquisite per processi di riscaldamento, alterazione meteorica e creazione diagenetica di nuovi minerali magnetici. Le rocce sono inoltre soggette all’azione del campo magnetico attuale, che produce un’ulteriore magnetizzazione rimanente, detta “viscosa”.

Tutte le rocce possiedono dunque una NRM, generalmente molto debole e che necessita di strumenti molto sofisticati per essere misurata, dovuta alla presenza di un quantitativo, anche estremamente piccolo, di minerali magnetici. I minerali rispondono in modo diverso alle sollecitazioni di un campo magnetico e sono stati per questo suddivisi in minerali diamagnetici (es. il quarzo), paramagnetici (come il calcio) e ferromagnetici (come i principali magnetite, ematite, maghemite, goethite pirrotina e greigite). Mentre le prime due categorie hanno un’intensità di magnetizzazione piuttosto ridotta che ritorna a zero una volta che il campo magnetico è rimosso, le sostanze ferromagnetiche hanno la capacità di “registrare” nel loro fabric la direzione del campo magnetico ad esse applicato.

In uno studio di paleomagnetismo ci si prefigge di riconoscere quante componenti di magnetizzazione rimanente ci sono in una roccia, di definire la loro orientazione e di datare il momento della loro acquisizione. Nello studio del magnetismo delle rocce ricadono inoltre tutte le analisi delle proprietà magnetiche di un corpo roccioso, tra le quali ricordiamo: la suscettività magnetica (k), le caratteristiche di isteresi (in particolare la determinazione dello spettro di coercitività, il campo e la magnetizzazione di saturazione), alcuni tipi di magnetizzazione rimanente artificialmente prodotte in laboratorio (magnetizzazione isoterma rimanente, IRM, magnetizzazione anisteretica rimanente, ARM) e le variazioni nello stato magnetico con la temperatura (determinazione delle temperature di Curie o di Néel e delle transizioni di fase a bassa temperatura).

Lo studio delle proprietà magnetiche consente di determinare la mineralogia magnetica della roccia in studio ed è fondamentale per una corretta interpretazione del paleomagnetismo. La conoscenza dei minerali magnetici presenti è infatti essenziale per la valutazione del processo geologico con cui quella roccia ha acquisito una magnetizzazione stabile. Lo studio della concentrazione, composizione e granulometria dei minerali magnetici in un sedimento e della relativa variazione in senso spaziale e temporale all’interno di un bacino di sedimentazione ha trovato recentemente importanti applicazioni nello studio del magnetismo ambientale di successioni sedimentarie utile a ricostruzioni paleoambientali e paleoclimatiche.

Temi di ricerca

Istituito nel 1990, il laboratorio di paleomagnetismo dell'INGV si trova a Roma ed è considerato uno dei laboratori europei di questo tipo meglio attrezzati, sia in termini di strumentazione specifica che di formazione scientifica del personale specializzato.

Le principali applicazioni del paleomagnetismo in uso nel laboratorio sono:

  • Lo studio delle rotazioni, lungo assi verticali, di blocchi crostali in Italia durante gli ultimi 30 Ma, come contributo originale alla comprensione dei processi geodinamici che hanno portato all'attuale conformazione geologica e strutturale (paleomagnetismo e tettonica.
  • Lo studio dell'alternanza delle polarità magnetiche nelle sequenze stratigrafiche (magnetostratigrafia), che ha l'obiettivo di datare i sedimenti attraverso la correlazione con la scala temporale della polarità magnetica globale (Geomagnetic Polarity Time Scale-GPTS) e per ricostruire nel dettaglio le variazioni del campo geomagnetico nel passato geologico. Utile per datare le successioni sedimentarie si è dimostrata anche l’analisi della Paleointensità relativa tramite la costruzione di curve sintetiche globali di riferimento.
  • L’utilizzo della variazione nella composizione, concentrazione e granulometria dei minerali magnetici in sequenze sedimentarie (magnetismo ambientale) come proxy di cambiamenti paleoambientali e paleoclimatici. Negli ultimi anni numerosi studi di questo tipo sono stati condotti lungo i margini continentali Artici ed Antartici.
  • L'applicazione del magnetismo ambientale allo studio dell'inquinamento atmosferico. Gli studi sono condotti analizzando le proprietà magnetiche delle polveri sottili (PM10) raccolte dai filtri delle centraline delle reti di monitoraggio della qualità dell’aria, o tramite l’analisi della polvere depositata sulle foglie degli alberi o catturate da licheni, naturali o appositamente trapiantati in aree urbane ed extraurbane.
  • Studio dell'anisotropia della suscettività magnetica di rocce e sedimenti, con l'obiettivo di ricostruire il fabric magnetico delle rocce in funzione dei processi geologici che le influenzano sin dalla loro formazione.
  • Uso del paleomagnetismo per datare i prodotti vulcanici messi in posto nel corso degli ultimi secoli o millenni. Quando le lave si raffreddano, e la temperatura della roccia scende sotto la temperatura di Curie dei minerali ferromagnetici, esse registrano fedelmente la direzione del campo magnetico terrestre esistente in quel momento, in quando la roccia acquisisce una magnetizzazione termorimanente.
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